domenica 1 agosto 2010

In questo post sono riportate le parole dette durante il funerale che si è svolto il 21 Giugno 2010 nella sala del commiato del cimitero maggiore di Padova. A commento sono state aggiunte le foto che sono sembrate più pertinenti e significative.




Fulvio Papalia :

Ricordando Salvatore, ognuno di noi nipoti vede l’immagine di una persona mite, che cammina lentamente un po’ trascinando i piedi, che fuma la pipa, che estate e inverno lavora nell’orto, oppure sta seduto comodo nella sua poltrona a guardare la televisione o a leggere un libro.

Ma questa manifestazione di pacatezza e tranquillità altro non era che il frutto di una vita ricchissima di esperienze.

Già nei ricordi dell’infanzia Salvatore si raccontava come uno spirito libero e avventuroso:

a Boscoreale dove è nato e dove con i fratelli giocava nel cratere del Vesuvio;

poi al seguito del padre Luigi, ufficiale di marina, all’isola della Maddalena, saltando tra i sassi di granito di Caprera, dove conosceva l’anziana figlia di Garibaldi,

nel forte rapporto con lo zio Gioacchino, socialista napoletano perseguitato dal fascismo che Salvatore ebbe sempre come punto di riferimento ideale.
Anche grazie a questo rapporto Salvatore sarà per tutta la sua vita spirito libero al di fuori degli schemi.


Lo spirito d’avventura e l’amore per il mare lo porterà a 17 anni
a falsificare l’ètà sui documenti per partecipare al concorso in marina e diventare così sottoufficiale di carriera.

Da marinaio raggiungerà l'Africa, radiotelegrafista a bordo di una nave idrografica che esplora le coste e i fiumi della Somalia. Ma anche poi nelle stazioni di terra, dove, finita la trasmissione dei messaggi dei militari, dei coloni e dei somali, continua la caccia alle avventure e ai cuori femminili. E poi le isole dell’Egeo, e le crociere in oriente.

Quindi Salvatore Marinaio per spirito di avventura e non certo per spirito bellico: nella fondina non teneva la pistola d’ordinanza ma il pacchetto di sigarette.

Poi la guerra. Guerra di mare, la scorta e la difesa dei convogli italiani dagli attacchi delle navi inglesi.
I primi incontri con l’orrore. Quando la nave viene attaccata Salvatore, spinto da quello che lui chiamava spirito guida e che lo aiuterà in molte circostanze critiche, evita il colpo che invece strazia i corpi dei suoi compagni.

E poi ancora il momento delle scelte.

Nel settembre del 43 Salvatore si trovava con la sua nave a Venezia in attesa che finalmente venisse montato il radar.
Alla notizia dell’armistizio il comandante convoca gli ufficiali e chiede loro di decidere che fare Tutti scelgono di non consegnarsi ai tedeschi e in maggioranza decidono di unirsi alla nuova flotta italiana a Brindisi.
Salvatore però sente che non è il caso di partire e cerca di convincere anche i suoi compagni a fare altrettanto. Il giorno dopo il cacciatorpediniere Quintino Sella viene affondato dai tedeschi alle bocche di porto di Malamocco. I morti sono almeno 200.

Appena possibile raggiunge la famiglia a Pola dove prende contatto con le formazioni partigiane.

Gli viene affidato l’incarico di volantinare manifestini nei locali pubblici e tenere i contatti con le famiglie dei partigiani combattenti in Jugoslavia.

Poi la spiata, l’arresto delle SS, gli interrogatori, le torture e infine i lager.

9 mesi in luoghi tristemente famosi: Dachau Buchenwald; Neuengamme, Meppen.

Salvatore, come molti reduci dai campi, a parte un primo periodo, non parlò mai della sua vita nel lager. Ogni tanto qualche aneddoto estemporaneo regalato a noi nipoti come piccola lezione di vita.

Ma quando Carla Giacomozzi e Giuseppe Paleari cercano le testimonianze dei reduci Salvatore non si tira indietro e racconta in una bellissima intervista televisiva tutta la sua esperienza. Così anche noi nipoti 40 anni dopo veniamo a conoscenza di questa parte della sua vita.

[ l'intervista si può leggere  qui ]  il sito di rai educational non esiste più, il link precedente rimanda alla pagina su archive .org, una copia della testimonianza è disponibile qui, il video è su you tube

Anche in campo di concentramento Salvatore continua la sua personale resistenza. Piccoli rischiosissimi gesti che servono a mantenere la sua dignità di uomo e lo aiutano a sopravvivere.

vogliamo ricordare due episodi:

Dachau:" Una mattina entrò un soldato della SS, mentre noi stavamo tutti ammucchiati l’uno contro l’altro per ripararci dal freddo. Tutti quanti si tolsero il cappello, io non lo levai. Questo mi guardava e probabilmente diceva di togliermi il cappello. Io rispondevo nicht verstanden, [ fer/shtande ] non capisco. I compagni che mi erano vicini mi dicevano “togliti il berretto”. Io non lo levai, me lo levò lui con dei ceffoni e con delle botte. Da quel giorno non portai più il berretto, dovunque andavo lo buttavo via".

Meppen: "Quando tornavamo dal lavoro, di cinquanta persone sette o otto erano morte e bisognava riportarli indietro, trascinarli. Ci portavano nei boschi e ci facevano costruire con le zolle delle specie di trincee, non so a cosa servissero. Io per non fare un lavoro utile prendevo queste zolle, le portavo e le riportavo indietro, facevo su e giù. Un francese che mi era vicino e mi aveva visto mi denunciò, forse per avere in cambio un mozzicone di sigaretta o qualche cosa del genere.
Allora quello della SS oltre a picchiarmi mi tirò un colpo di pistola e mi colpì al polpaccio. Uno zingaro che era con noi riuscì a levarmi questa pallottola, poi prese delle erbe, me le applicò lì sopra e riuscì a guarirmi".


Tornato dalla Germania, Salvatore non si ferma.







Dall’interrogazione parlamentare all’assemblea costituente del maggio 1947 leggiamo: “Un sottufficiale di Marina, Vitiello Salvatore di stanza a Venezia è stato denunciato ed arrestato per ordine dell’autorità giudiziaria militare per aver protestato sopra un quotidiano locale contro il persistere d’una mentalità antidemocratica ed antirepubblicana in determinati ambienti della Marina."
La vicenda si conclude con la condanna di Salvatore a 1 anno e 4 mesi per vilipendio delle forze armate. Condanna che sconta presso l’ospedale militare di Padova per curarsi della tubercolosi contratta nei campi nazisti.










Qui conosce Anna Maria che assieme a sua madre Vittoria porta gli aiuti del soccorso rosso.


Con Annamaria, insostituibile compagna, inizia una nuova fase di vita che durerà per ben 63 anni.


La costruzione della loro famiglia basata su ideali di libertà e giustizia sociale si riverbera anche nei nomi dei loro figli: Spartaco, Ondina, Libero.





Il resto della sua vita è parte di tutti noi. Il lavoro quotidiano allo stabilimento, la passione per il lavoro della terra, le vacanze in camper, la dolcezza con cui trattava i nipoti, e anche la sua testardaggine che tanto faceva arrabbiare AnnaMaria.



Caro Zio, hai sicuramente avuto una vita intensa, a volte molto difficile ma anche piena di soddisfazioni.

Sei arrivato a 94 anni superando come pochi situazioni di salute difficili.
Poi, quando hai sentito le energie mancare hai scelto di assecondare il tuo destino, decidendo tu quando era il momento di andare e lasciandoti scivolare senza dolore verso la fine.

Posso dire che in noi lasci la tristezza del tuo abbandono, ma non l’angoscia che tante volte la morte trasmette a quelli che rimangono.
Questo è stato il tuo ultimo regalo.
Grazie, Zio.




Roberto Bonin, già capofficina della Viesse

Sono sicuro di interpretare il desiderio di quanti hanno lavorato alle dipendenze del Sig. Salvatore, ricordando quanto fosse persona corretta e disponibile, aiutando quanti chiedevano il suo aiuto.
Come suo collaboratore fin quasi dall’inizio della sua attività, ho apprezzato il suo modo di operare con i dipendenti.
Mi sono affezionato a lui come a un padre, non solo per le sue doti da imprenditore. ma anche come uomo.
Persona giusta, leale, sincera, e premurosa.
Si informava sempre delle condizioni della mia famiglia.
Con lui si era instaurato un rapporto amichevole, anche se nei colloqui manteneva sempre la terza persona, solo ultimamente, al telefono scivolava con un ciao per poi tornare subito al lei.
Mi era simpatica la faccenda e mi faceva sorridere.
Lo ricorderò con affetto e mi auspico di non interrompere i contatti con la Sig. Annamaria, né con i figli e nipoti, sarò sempre disponibile con loro come lo ero con lui.




Libero Vitiello

Papà aveva un rapporto strano con la parola… da un lato era una persona che avrebbe avuto un numero infinito di storie da raccontare, dall’altro non è mai stato un gran parlatore.
Ha però sempre detto quello che pensava, senza girare intorno alle cose, a costo di essere ruvido, abrasivo, a volte. Erano anni che molti di noi lo hanno sentito fare previsioni catastrofiche su come stava andando, e su che fine avrebbe fatto, l’economia nazionale e mondiale. E lo diceva già negli anni in cui invece tutto pareva andare benone: borse, mercati, pil e compagnia varia…
Diceva così non va, andremo tutti a catafascio, è tutto finto.
All’epoca confesso che ascoltavo queste cose considerandole come i brontolamenti tipici della vecchiaia. Adesso sarebbe dura non dargli ragione…
Tante volte in passato gli ho detto che avrebbe dovuto scrivere le sue memorie; mi rispondeva che non gli interessava, che era un altro il libro che avrebbe voluto scrivere. Ne aveva deciso solo il titolo: “Uomo, fermati”. Qualche anno fa sarebbe suonato risibile, adesso un titolo così lo si potrebbe trovare nella classifica del NYT.
Aveva ragione lui… Adesso sta a noi, che siamo ancora qui e che ne abbiamo ereditato chi l’esempio, chi i geni, chi tutti e due, fare quanto nelle nostre possibilità per cambiare la rotta prima che davvero sia troppo tardi.

Papà non era un gran parlatore, ma sapeva far sorridere e a volte era disarmante come un bambino… Come quando ha incontrato mia moglie Karen per la prima volta, e accogliendola con un grande e caldo sorriso mi ha chiesto di tradurle quello che sono sicuro per lui fosse un sincero complimento “dille che dimostra molto meno dei suoi anni!”.

Mi considero una persona molto fortunata; grazie Papà, grazie Mammina, per avermi dato la possibilità di diventare quello che sono.


Gian Antonio Danieli

Salvatore Vitiello era una persona di grande statura morale; non amava mettersi in mostra ed era di poche parole. Io desidero ricordarlo e vi propongo di ricordarlo con poche parlole: le parole della sua ideologia: giustizia, libertà, antifascismo, e con le parole della sua vita: onestà, coraggio, dignità.
Onestà, coraggio e dignità che ha saputo manifestare fino alla fine, in maniera coerente e senza mai cedere. E' stato qui ricordato che durante la reclusione nel campo di concentramento rifiutò di togliersi il berretto di fronte ad soldato delle SS , persona di cui non riconosceva l' autorità. E' questo un episodio emblematico di una vita esemplare.

Salvatore Vitiello ha dato qualcosa di importante a ciascuno di noi: ad alcuni moltissimo, e penso alla sua famiglia; per altri, come me, le occasioni sono state poche, ma non per questo meno significative. Negli ultimi anni ci ritrovavamo sempre alla cerimonia per la festa della Liberazione; scambiavamo poche parole, ma per me valevano come un lungo discorso: un fermo invito a prendere il testimone della sua generazione per mantenere vivo l' amore per la libertà, lottare per la giustizia sociale e manifestare l' antifascismo.
Questo è il messaggio che abbiamo ricevuto da Salvatore Vitiello e di ciò gli siamo molto grati.


Renza Valeriani

Carissimo Salvatore, sono qui per darle l’ultimo saluto e ringraziamento.
Lei è stato il mio datore di lavoro per 35 anni ma per mè è stato anche un Papà.
Mi ha dato una mano in un momento difficile della mia vita.
Di questo Le sarò grata per sempre.
Da 5 anni sono nella vostra casa per darvi una mano, mi avete fatto sentire come a casa mia, siete un po’ la mia famiglia.
Erano 2 mesi che non ci vedevamo a causa di un mio piccolo incidente, e quando ci sentivamo al telefono mi diceva “ la stiamo aspettando ”.
Avevo deciso di venire martedì a salutarla, non ho fatto in tempo, Lei se né andato prima.
Di questo mi dispiace tanto.
Grazie del Suo esempio di vita, grazie di tutto.
Nel mio cuore ci sarà sempre un posto per Lei e per Sua Moglie.
Vi voglio bene, arrivederci Salvatore.

Fiammetta Papalia

Sabato pensavo a questo legame così forte tra zio e nipote, pur non essendo legame di sangue, allora mi è venuta la curiosità di capire l’origine della parola: “zio” viene dall’antico greco ed è sinonimo di autorevolezza e rispetto.
Ecco, io fin da bambina ho sempre sentito fortemente questi sentimenti per lo zio Salvatore.
Mi salutava sempre con un bacio in fronte e una carezza sui capelli, quand’ero piccola un po’ mi intimidiva, era più serio e silenzioso degli altri “grandi”, ma mi piaceva tanto quel gesto che aveva per tutti noi bambini.
Lo penso e lo rivedo quando veniva a prenderci a scuola, quando per l’ultimo dell’anno ci faceva i fuochi artificiali, quando si preparava la sua pipa e la fumava con una gestualità che mi affascinava: in quei momenti per me era un capitano di mare, così come mi facevano fantasticare i suoi trascorsi di giovane in marina.
Mi intrigava sapere che aveva vissuto tante avventure e che ancora si appassionava ad immaginare viaggi lontani.


Il primo camper che ho visto nella mia vita è stato “Ruota”: lo zio aveva fatto costruire una casa viaggiante per poter girare il mondo! E io ho invidiato tanto i miei cugini!!
Poi, crescendo, ho capito che lo zio Salvatore era tanto di più: generoso e ospitale, inverosimilmente testardo nel fare e dire ciò di cui era convinto, ma sempre autorevole e degno di rispetto.
Lui mi ha fatto il regalo di nozze quando sono andata a vivere con il mio compagno, dicendomi che non contava che non ci fosse stato un matrimonio, che comunque riconosceva in quella scelta il progetto di una famiglia.
Lui che al ritorno del mio viaggio in India ha ascoltato con entusiasmo i miei racconti e poi mi ha parlato dei suoi viaggi sognati.
Lui che finalmente ho cominciato a capire davvero quando ho visto l’intervista in cui raccontava la sua esperienza nei lager: il suo sguardo mentre parlava, la voce con cui diceva le cose atroci che aveva vissuto, e poi le parole con cui concludeva: ho preso la fiducia nell’umanità.
Con quel dolore dentro ha comunque voluto continuare a vivere, ha potuto amare ancora: la zia, i suoi figli, noi tutti che abbiamo fatto parte della sua vita. Sempre,incondizionatamente, con tutta la sua generosità.
Io ho imparato tante cose da lui, compresa quella dedizione al lavoro della terra, la cura dell’orto, degli alberi da frutta, che oggi è parte importante della mia vita.


E ora l’ultimo insegnamento che nasce dal suo esempio è stato questo suo modo di andarsene, questo saper incontrare la morte con tutta la dignità con la quale ha saputo vivere.
E allora lo voglio pensare adesso mentre vaga nel paradiso dei marinai, al timone del suo piccolo veliero, con la sua amata pipa in bocca.
















Giuseppe Vitiello

Zio Salvatore era un cugino di mio padre.
La famiglia dei Vitiello, radicata sotto il Vesuvio, è sempre stata una famiglia numerosa.



C'erano molti cugini, e questi cugini si incontravano molto spesso nella nostra
casa e noi andavamo, con mio padre e con mia madre, a casa di tutti quanti loro.
Zio Salvatore però stava a Padova, e quindi era lontano. Mio padre, che era pittore ed era
un uomo libero, quando parlava del cugino Salvatore ne parlava in un modo diverso,
perchè, diceva, zio Salvatore era diverso.
E lui, a noi che eravamo ragazzini e gli chiedavamo cos'era questa diversità, lui ci
diceva: "poi lo conoscerete e capirete". Intanto, andando con mio padre al cinema (andavamo
tutte le sere al cinema; lui, pittore, aveva questa "patologia" del vedere, delle imagini)
conobbi i film del neorealismo italiano, quindi sapevo molte cose di ciò che era accaduto
e ancora stava accadendo, e così venni a sapere che in uno di quei campi di concentramento
c'era stato anche lo zio di Padova, zio Salvatore. E io gli chiesi perché. Mio padre non mi disse
perché era partigiano, mi disse "perché era una persona onesta". E non mi disse che era comunista.
E poiché io gli chiesi come mai portavano una persona onesta nei campi di concentramento,
mi disse: "perchè i fascisti hanno paura delle persone oneste". E questo zio da allora è diventato
il mio esempio. Poi l'ho conosciuto, e avendolo conosciuto mi sono ricordato di lui la prima
volta che sono entrato in una sezione del PCI; e mi sono ricordato di lui quando mi sono
iscritto all'ANPI, ed è l'esempio di cui parlo ai miei studenti quando mi dicono
che vorrebbero fare qualcosa per quest'Italia dove "quelli" credono di essere tornati.
Quando un partigiano muore, lascia un vuoto enorme, ma lascia anche qualcosa più grande di
quel vuoto: la forza di portare avanti la lotta che loro, i partigiani, hanno portato avanti.
Io adesso sono certo della cosa che dico a zio Salvatore che sta qui davanti a noi: Non ti
preoccupare, li rimanderemo indietro, come hai fatto tu. Hanno ancora paura, sono sempre gli
stessi vigliacchi, oggi come ieri; credono di essere forti ma sono dei vigliacchi.
Tu eri una persona intelligente, come hanno già detto tutti quelli che hanno parlato
prima di me. E da persona intelligente ti sei scelto una compagna che era in qualche modo
la forza che stava dietro di te. E la tua compagna...non so chi dei due era più intelligente...
vi siete scelti entrambi e insieme avete costruito tutto quello che avete costruito, a partire
dai vostri tre gioielli... cinque [si corregge perchè la zia indica i due nipoti] con tutte
le appendici. E avete costruito con le vostre lotte di quegli anni, con i vostri sacrifici
e il vostro sangue, anche l'unica cosa che in questi tempi bui ci resta, la Costituzione
antifascista della nostra repubblica.
Se io sono comunista, zio Salvatore, è anche colpa tua.




Ludovico Piccolo


C’è stata una persona e basta che mi ha dato il buon esempio di non tenere troppo conto dell’opinione degli altri e di continuare per la mia strada, quella persona è mio nonno, Salvatore. Si, forse a volte è sbagliato questo tipo di atteggiamento, puoi andare contro qualcuno che ti vuole bene, ma mi ha aiutato molto a ricercare quella che era la mia strada. Ricordo con orgoglio di quando mia parlava delle sue avventure in Africa e del giro del mondo che avrebbe voluto fare con un suo amico in barca a vela, proprio partendo dal continente nero.
Lui era fatto così, se gli andava di fare qualcosa la faceva e se non gli andava, beh…non mancava sicuramente di fartelo sapere, era sincero e questo è una caratteristica che ha trasmesso anche a me, e di cui vado fiero.
Altra caratteristica che mi ha passato, sarà perché segno di fuoco come me, anche se credo poco a queste cose, è stata la sua ostinazione, la sua testardaggine, posso dire di applicarla in tutti i momenti della mia vita, la amo, non aggiungo altro.
Un mio compagno di calcio una volta, prima di una partita, mi fa: "non vedo il nuvolone di fumo di pipa che viene dal pubblico, ma dove è tuo nonno?". Questo perché in tutti gli anni che ho giocato non si è perso neanche una mia partita, nemmeno una trasferta, si è fatto anche più di sessanta chilometri per una partita che durava solo un’ora e mezza. Lo conoscevano tutti i miei compagni, e io ne andavo fiero, perché per loro era già difficile che andassero i genitori a vederli, figurarsi il nonno, mi riempiva il cuore, ci teneva, tanto.
Lui mi diceva che era triste perché non era riuscito, nemmeno in piccolo, a cambiare qualcosa del mondo, impresa difficile, gli dicevo, però questo fa vedere quanto fosse determinato, quanto fosse sempre sicuro di quello che faceva e voleva, un insegnamento così non te lo può dare chiunque.
Ricordo anche quando provai, una decina di anni fa, a girare il mio primo cortometraggio, era lui che accompagnava me e i miei amici nelle location dove dovevamo fare le riprese, mi accompagnò a fare i sopralluoghi, a vedere quelli che erano, per lui, i paesaggi più adatti per girare le scene, all’epoca era già in là con gli anni, ma trovala tu una persona di quell’età con tali stimoli, con così tanta voglia di vederti lavorare, creare, avere successo nelle cose che fai. Si, ci teneva molto al nostro successo, qualsiasi campo riguardasse, la scuola, l’università, le passioni, gli hobby, ogni cosa tu facessi ci teneva un sacco che venisse fuori bene, ricordo i sorrisoni che ti faceva se prendevi un trenta a un esame, la gioia alla laurea di Michele e al matrimonio di mio zio Libero (durante il quale lo vidi simpaticamente perplesso quando Libero si mise a ballare sculettando un po’).
Quando ebbe l’incidente alla mano, aveva due uncini che gli spuntavano fuori da dove era stato operato, io ero piccolo e una volta, in giardino, si mise a rincorrere me e mia cugina Costanza per il prato facendo finta di essere capitan uncino, gli piaceva giocare, era giocoso anche quando guardavamo insieme le partite di calcio dell’Italia: una volta, durante l'europeo del 2000, mentre guardavamo i calci di rigore tra Italia e Olanda, si mise a dire, e io lo imitai, ai giocatori olandesi mentre erano sul dischetto: "sbaglia! sbaglia! sbaglia!!! " fatto sta che sbagliarono 5 rigori su sei e l'Italia vinse, incredibile!
Questa era solo una parte infinitesimale dei ricordi che ho di mio nonno; egli, insieme ai suoi insegnamenti e a tutte le cose che mi ha lasciato dentro, rimarrà per sempre parte del mio essere.
Grazie per avermi insegnato a sognare e a credere nelle avventure.
Il tuo Ludovico.






Michele Vitiello

[ dopo aver letto, per conto della cugina Monica Gerardi alcuni versi della poesia "Lentamente Muore" ]

Ed ora che tu, nonno, hai smesso di respirare,
lasciandoci un vuoto enorme nella quotidianità della vita,
continuerai ad essere vivo con l'esempio che hai dato,
per come hai vissuto la tua vita
in ogni attimo di libertà,
in ogni moto di ostinata determinazione,
in ogni sorriso sincero.


E quel vuoto sarà pian piano colmato dal tuo ricordo,
dalla memoria consapevole di come hai vissuto,
capitano impavido e determinato della tua vita, fino alla fine,
quando hai deciso di partire per il tuo ultimo e più lungo viaggio.

La tua vita è stata buon esempio per molti che ti hanno conosciuto,
e i semi che hai piantato, tuoi figli e nipoti e loro figli,
continueranno a fiorire nel mondo,
come te, Salvatore, di quelle sane pulsioni di libertà, giustizia, onestà generosa e amore per la vita.

E a me, tuo nipote, hai insegnato a piantare semi nella terra,
hai trasmesso l'amore nel prendersi cura di ciò che ne germina,
la pazienza di aspettare di vedere maturare i frutti
e l'arte di saperli cogliere e condividere con gli altri.

Grazie



Rita e Gino Vitiello

Zio Carissimo, quando morì nostro padre sei stato per noi la continuazione discreta, amorevole e costante della sua presenza.
Lo sei stato non solo con la tua generosità, preziosa in quel momento difficile della nostra vita, ma con la tua attenzione rassicurante e con l'esempio mai venuto meno del coraggio di vivere, oltre le convenzioni, oltre le apparenze, oltre gli schemi che limitano la potenzialità della nostra esistenza.
Tutto questo lo hai fatto con semplicità e una spontaneità che raramente ho incontrato altre volte.
Il modo in cui hai lasciato questa vita conferma quanto tutte queste qualità fossero vere e profonde in te e ci lascia un senso di gratitudine al di là delle parole.





Spartaco Vitiello

Sono moltissime le cose che mi sono venute in mente da dire a tutti voi che siete venuti quì oggi a salutare papà.

Non sono cose mie, sono le cose che lui mi ha trasmesso, da quando sono nato a quando, l'altro ieri mattina, ho avuto il privilegio di accompagarlo nel faticoso ma sereno processo di abbandono del corpo materiale.

Sono cose che per essere tradotte in parole richiederebbero un discorso lungo e articolato, che non so nemmeno se sarei in grado di fare.

Ma in realtà non c'è bisogno che io dica nulla, perchè le cose che andavano dette qui sono state dette da chi mi ha preceduto, ce le siamo dette e ce le diremo ogni volta che parleremo di lui;
e soprattutto non serve che io dica nulla perchè lui stesso mi ha più volte detto cosa fare in questa circostanza.

Lo farò tra pochi istanti, col vostro aiuto e con quello degli amici coristi.

Poi, prima di accompagnarlo nell'ultimo breve tragitto verso la camera crematoria, vi chiedo un paio di minuti di silenzio,
e vi propongo uno spunto di meditazione, che a me è parso particolarmente significativo:
oggi è il solstizio d'estate, una data che non è legata ad alcuna religione o ideologia ma che è la manifestazione del respiro stesso del sistema terra-sole, culla e motore della vita e quindi di questa nostra strana umanità.

E' il giorno giusto per salutarti, Papà.



funerale di Salvatore Vitiello from spartaco vitiello on Vimeo.